Fin dall’antichità i pensatori Greci erano rimasti curiosamente colpiti dalle proprietà dell’ambra: sappiamo che l’ambra è una particolare resina di origine vegetale che, col passare dei millenni, si rinviene sottoforma di fossile.
L’ambra, in greco elektron, se strofinata con un panno di lana, ha la propietà di attrarre a sé piccoli oggetti quali pezzetti di paglia o piccoli semi.
Questa semplice esperienza può essere facilmente replicata usando bacchette di vetro o plastica. Prendiamo due bacchette di vetro o di plastica e sospendiamone una per il suo centro usando un sottile filo di nylon.
Strofiniamo poi con un panno di lana un’estremità della bacchetta sospesa e l’estremità libera della bacchetta che impugnamo. Osserveremo che:
Possiamo spiegare questi fenomeni facendo l’ipotesi che esistano due tipi di elettricità. Seguendo la tradizione li chiameremo elettricità positiva (o carica positica) e elettricità negativa (o carica negativa) .
Da dove provengono queste cariche?
Sappiamo ormai che la materia è costituita da atomi e che l’atomo è formato da tre unità fodamentali: elettroni, protoni e neutroni. Protoni e neutroni costituiscono il nucleo dell’atomo mentre gli elettroni gli orbitano attorno, più o meno ordinatamente.
La scoperta dell’elettrone risale alla fine dell’800. All’epoca si fu in grado di capire che questa particella atomica era legata alla carica negativa e che inoltre si trattava di una particella contenuta naturalmente in tutte le sostanze.
Di conseguenza un corpo neutro, ovvero che si trova in equilibrio elettrico, doveva necessariamente contenere anche un qualche tipo di carica di segno opposto (positive) in grado di controbilanciare la presenza degli elettroni.
Più tardi si scoprì che erano i protoni le particelle portatrici della carica positiva, mentre i neutroni non possedevano alcuna carica elettrica.
In sintesi possiamo dire che un atomo di una sostanza neutra ha eguale numero di protoni e di elettroni, in questo modo le cariche elettrice risultano bilanciate; invece un oggetto è in grado di respingere o attrarre a sé altri oggetti, anch’essi elettrizzati, proprio perché il normale equilibrio interno delle cariche risulta alterato ed il numero di cariche positive non eguaglia più il numero di quelle negative.
Continuando ad esaminare le caratteristiche elettriche della materia possiamo dividere tutte le sostanze presenti in natura in due grandi macro categorie e dire, semplificando un poco, che esistono:
Cosideriamo i metalli per un momento: questi materiali possiedono una struttura atomica cristallina molto regolare in cui ogni atomo occupa una posizione ben precisa.
Tra tutti gli elettroni appartenenti a ciascuno di questi atomi, ce ne sono alcuni che risentono in maniera minore della forza attrattiva del nucleo: questi elettroni sono chiamati elettroni di conduzione e sono in genere quelli che ruotano attorno al nucleo descrivendo le orbite più periferiche.
Gli elettroni di conduzione tendono talvolta a deviare dal loro percorso consueto, separandosi dal proprio nucleo per spostarsi, ad esempio, sugli orbitali degli atomi vicini.
Replicando mentalmente questa tendenza per tutti gli elettroni di conduzione di tutti gli atomi (diversi miliardi) è facile immaginare il reticolo cristallino del metallo come “immerso” in una sorta di pulviscolo di elettroni: questa configurazione è lo stato di equilibrio dei metalli.
Lo stato di equilibrio può essere alterato se sul metallo agiscono forze elettriche provenienti dall’esterno, ne qual caso il movimento degli elettroni diviene ordinato e orientato: gli elettroni di conduzione si muovono assecondando le forze che agiscono sul materiale. Questa proprietà fa sì che i metalli siano considerati buoni conduttori.
Materiali come il legno, il vetro o la plastica invece hanno un comportano diverso: in questi materiali i nuclei degli atomi trattengono i propri elettroni con più forza il che rende difficile che il materiale, seppure sottoposto a forze elettriche esterne, dia vita a fenomeni di conduzione come quelli che si verificano nei metalli. Per questo si dice che materiale di questo secondo tipo sono invece dei buoni isolanti.
Chiedimoci ora: è possibile costruire un dispositivo che crei una separazione tra le cariche opposte? La risposta a questa domanda è sì, questo dispoditivo è il generatore.
Il generatore è un dispositivo in grado di separare le cariche, prelevandole da un punto e trasferendole in un altro creando così uno squilibrio artificiale.
Rifacendoci ad una analogia idraulica, consideriamo due recipienti identici e inizialmente colmi d’acqua allo stesso livello. Possiamo creare una situazione analoga utilizzando una pompa. La pompa svolge il ruolo di generatore ed è in grado di prelevare acqua dal primo recipiente e travasarla nel secondo.
Tornando ora alle cariche elettriche, il generatore è in grado di prelevare un certo quantitativo di elettroni dal punto A e accumularli nel punto B. Di conseguenza in B si avrà un surplus di cariche negative mentre in A, con le cariche negative in ammanco, si avrà un surplus di quelle positive.
Da notare che le due concentrazioni di cariche di segno opposto in A e B, sono eguali in termini quantitativi!
Maggiore la concentrazione di cariche sui due punti opposti, detti terminali del generatore, maggiore è la forza che il generatore ha applicato per separale e che deve continuare ad applicare per mantenerle ben divise tra loro.
Le cariche infatti hanno la naturale tendenza a ripristinare la situazione di equilibrio; in particolare gli elettroni accumulati in B tenderanno a ritornare al punto da cui sono stati prelevati A. La naturale forza degli elettroni nel cercare di ripristinare l’equilibrio complessivo della distribuzione delle cariche è detta forza di Coulomb.
Torniamo ora ai due recipienti identici e egualmente colmi d’acqua:
I due recipienti possiedono la stessa energia. Ora verisamo in uno dei due recipienti un certo quantitativo di liquido in aggiunta. Abbiamo creato in questo modo una differenza di energia potenziale, se l’acqua lasciata libera di muoversi scatena questo potenziale!
Presto fatto: se connettiamo ora i due recipienti con un tubo conduttore, è intuitivo vedere come all’interno del tubo si crei un flusso d’acqua tanto impetuoso quanto maggiore il dislivello di liquido iniziale!
Se ora a cavallo del tupo posizioniamo una turbina, possiamo sfruttare questo flusso e convertire l’energia per fare lavoro. L’equazione è semplice: tanto maggiore il dislivello, tanto maggiore il flusso e così tanto più veloce il movimento della turbina.
L’acqua che fluisce lungo il tubo si muove seguendo la naturale tendenza ad appianare il dislivello tra i due recipienti: è l’effetto della forza peso, la legge dei vasi comunicanti.
Gradualmente, con l’acqua in movimento, lo squilibrio si riduce, e il flusso rallenta fino ad arrestarsi del tutto nel momento in cui il dislivello si annulla. In quel momento anche il movimento della turbina sarà cassato.
Ritorniamo ora al mondo elettrico e consideriamo due concentrazioni di cariche di segno opposto.
Se le connettessimo, magari con un filo di materiale conduttore, potremmo assecondare la naturale tendenza delle cariche a muoversi fra i due punti per annullare il dislivello e ristabilire l’equilibrio.
Anche in questo caso lo squilibrio iniziale potrebbe essere sfruttato ponendo sul conduttore qualcosa di simile ad una “turbina elettrica”, una lampadina ad esempio, così da trasformare questo flusso di cariche in luce.
Come visto in precedenza per il caso idraulico, anche qui inevitabilmente, il dislivello si attenuerà poco a poco fino ad annullarsi del tutto, annullando altresì il movimento delle cariche e la luce della lampadina.
E’ qui che entra il gioco il generatore!
Usando un generatore tra i due punti, così come una pompa tra i contenitori nell’analogia idraulica, potremmo continuare a ristabilire il dislivello e garantire un flusso continuo di cariche elettriche/liquido tra i due punti. In tale modo potremmo continuare a trasformare l’energia in qualche altra forma!
Se nel caso dei due recipienti il flusso attraverso il condotto è possibile per azione della forza peso sul liquido, nel caso elettrico sulle cariche agisce la forza elettrica (o forza di Coulomb, quella che fa si che le cariche opposte si attraggano).
Per questo motivo il dislivello tra le cariche ai due punti si chiama differenza di energia potenziale elettico o tensione.
Unità di misura della tensione è il Volt!
Il generatore, che orami può essere chiamato più precisamente generatore di tensione, creando una tensione ai suoi capi, provoca un flusso di cariche elettriche che scorrono attraverso il filo conduttore (indicate nell’immagine dalla freccia rossa) e portano in seconda analisi all’accensione della lampadina.
Questo può essere considerato un primo esempio di circuito elettrico :
Questo flusso di cariche può essere misurato per ottenere la grandezza chiamata corrente elettrica, indicato spesso con la lettera i. La corrente elettrica non è nient’altro che la misura della quantità di cariche che si muovono attraverso una sezione del filo conduttore nell’unità di tempo.
L’unità di misura della corrente elettrica è l’Ampere.
A titolo di esempio possiamo riportare la formula:
dove sta per ampere, per secondi e per Coulomb, l’unità di misura della carica elettrica.
Sapendo che una carica elettrica di 1 Coulomb (si tratta di una carica davvero molto alta) è equivalente a quella di 6 miliardi di miliardi () di elettroni, una corrente di 1 Ampere è quella corrente che si potrebbe misurare se, in 1 secondo, tutti questi elettroni fluissero attraverso una sezione di conduttore.
Nei esperimenti che effettuiamo le correnti in gioco sono infinitamente più piccole e si misurano utilizzando dei sottomultipli dell’ampere come il milli-ampere o il micro-ampere , che comunque corrispondono a flussi di enormi quatitativi di elettroni, rispettivamente milioni e migliaia di miliardi!)
Quale è il verso della corrente? Seguendo una vecchia convenzione consolidata ormai da molto tempo, si rappresenta come verso della corrente elettrica quello che va da punti a potenziale maggiore a punti a potenzile basso (dal segno + al segno -).
In generale l’intensità e il verso della corrente possono cambiare nel corso del tempo in funzione della tensione applicata dal generatore. La corrente fluisce fintanto che ai capi del conduttore esiste una differenza di potenziale, non appena questa differenza scompare, ovvero quando il potenziale elettrico è lo stesso in ogni punto del circuito, le cariche cessano di muoversi e il conduttore si trova in una situazione di equilibrio.
Se la tensione si mantiene costante, anche verso ed intensità della corrente resteranno costanti; in tale caso di dice che la corrente è continua (o stazionaria), in inglese DC (direct current).
Prendete un pezzo di conduttore, abbiamo visto che se applichiamo uno sbilanciamento di cariche ai suio capi (una tensione elettrica in altri termini) attraverso questo conduttor si creerà un naturale flusso di portatori di cariche, indicato con una freccia e il simbolo della corretne elettrica I, dal punto di maggior potenziale al punto di potenziale più basso.
Ora supponiamo di considerare lo stesso conduttore e di sottoporlo ad una differenza di potenziale eguale ma opposta. La teoria non è diversa e nemmeno la pratica: la corrente fluirà in senso opposto ma in eguale intensità.
Supponiamo di rappresentare questi due valori di tensione in un grafico che voglia traccaire l’andamento della tensione nel tempo.
Il primo caso può essere rappresentato come un punto nel semipiano positivo. Il secondo anch’esso come un punto ma all’opposto, disposto nel semipiano negativo in quanto la tensione applicato al conduttore è egaule ma opposta!
Se immaginiamo di congiungere questi due punti da un grafico, magari un grafico a forma di sinusoide, abbiamo che ogni punto del grafico rappresenta la tensione applicata ai capi del conduttore nel tempo. Tensione che va da un massimo in un vesro ad un massimo nel verso opposto spazzando tutti i valori intermedi!
Il grafico che abbiamo ottenuto è quello della tensione alternata (e per analogia della corrente alternata, indicata in inglese come AC – alternating current).
concetto di ampiezza (230V in Italia – 115-120V negli stati Uniti) concetto di frequenza (50Hz in Italia, 60Hz negli Stati Uniti)
La corrente continua fu adottata da Thomas Alva Edison verso la fine del XIX secolo agli inizi della distribuzione elettrica industriale. Successivamente però la tecnologia si è spostata verso la corrente alternata, inventata da Nikola Tesla, più conveniente per la trasmissione di energia elettrica a distanza.
Per tornare all’adattatore: il termine stesso ci dà un indizio. Questo dispositivo è in grado di adattatare! Adattare una tensione/corrente alternata ad una tensione/corrente continua.
perché dico che trasformatore non è il termine esatto quando vogliamo riferirci a dispositivi di questo tipo, perché il termine trasformatore è usato più nello specifico per caratterizzare una particolare componente elettrico, che è presente ma non il solo all’interno dell’adattatore.
Un adattatore comprende infatti 3 principali componenti per completare l’operazione di “conversione” tra una tensione ed un’altra.
La tensione della rete è di 220V ed è appunto il trasformatore a renderla più bassa (12V, 9V, 7,5V etc…). La tensionei in unscita dal trasformatore è ancora alternata.
un raddrizzatore (ad esempio a ‘ponte di Graetz’) è quello che interviene ora per trasformare ta tensione alternata in una tensione unidirezionale pulsante.
un filtro infine per prelevarne la sola componente continua.
Un circuito elettrico è un insieme di conduttori connessi l’uno all’altro in modo continuo e collegati ai poli di un generatore di tensione.
Non vuole essere una rappresentazione fedele alla realtà quanto piuttosto una rappresentazione che sintetizza schematicamente le relazioni elettriche tra le diverse componenti.
sappiamo che se premiamo l’interruttore la lampadina si accenderà. Lo chema circuitale ci permette di rappresentare un circuito reale in qualcosa che sia più astratto. Si usano simboli standard per rappresentare componenti elettriche (switch, battery, light bulb).
Possiamo astrarci ancora di più dicendo che stiamo andando da una sorgente di alimentazione attraverso un switch e una lampadina per arrivare al ground.
secondo livello di astrazione (sorgente di tensione in alto, il punto a potenziale elettrico più basso, in basso e assumiamo che la corrente elettrica fluisca dall’alto al basso).
Abbiamo innumerevoli altri simboli che possiamo esaminare ma li vedremo meglio nel corso delle lezioni. Ci basti conoscere per ora i simboli che abbiamo visto
Ohm si era accorto che, come per la nostra configurazione a vasi comunicanti, se cambio la tensione applicata ai capi di un circuito elettrico, anche la corrente che vi fluisce all’interno cambia. Per i metalli questa è una relazione lineare: il che significa che la legge che regola la relazione tra la grandezza V e la gradezza I è una retta (passante per l’origine) vedi il grafico.
In altre parole esiste una costante moltiplicativa R che, data V mi permette di ricavare la corrente I secondo la formula. Questa formula è nota per essere la prima legge di Ohm.
Che cosa è R? Lo capiamo meglio se proviamo a modificare alcune delle grandezze implicate nella formula.
Sperimentalmente potremmo documentare gli effetti di un cambiamento di voltaggio che, a parità di conduttore, fa cambiare anche la corrente. Ripendo l’esperimento con un altro tipo di conduttore ma facendo variare la tensione allo stesso modo, si verifica ancora un cambiamento progressivvo della corrente, anche se in misura proporsionalmente differente.
Il conduttore è caratterizzato dunque da una qualche proprietà, una capacità che in qualche modo influenza il movimento dei portatori di carica. Tale proprietà fu chiamata da Ohm resistenza.
Sperimentalmente è anche possibile verificare che, mantenendo costante la differenza di potenziale ma variando il tipo di conduttore posto tra i capi del generatore, la corrente misurata differisce. in altri termini abbiamo appena sperimento che a parità di voltaggio, la variazione di R (la proprietà scoperta da Ohm) la corrente cambia: minore R maggiore I e viceversa.
R esprime quindi la difficoltà che i portatori di carica incontrano nel fluire all’interno del conduttore per questo R si chiama resistenza elettrica del conduttore.
A partire dalla prima legge di Ohm è possibile ricavare tutte le altre relazioni reciproche. La resistenza elettrica è una grandezza fisica che si misura in Ω in onore dello scopritore 1Ω = 1V / 1A
Abbiamo detto che R è una costante, caratteristica del particolare conduttore. La seconda legge di ohm ci spiega che la resistenza elettrica di un filo conduttore è direttamente proporzionale alla sua lunghezza e inversamente proporzionale alla sua sezione. Inoltre essa dipende anche dalla sostanza di cui è composto il filo e dalla sua temperatura.
Il coefficiente di proporzionalità ro si chiama resistività
i seguenti valori sono misurati alla temperatura di 20 gadi centigradi.
elemento | ro (Ω * m) | |
rame | Cu | 1,7 x 10 ^ -8 |
argento | Ag | 1,6 x 10 ^ -8 |
alluminio | Al | 2,8 x 10 ^ -8 |
ferro | Fe | 10 x 10 ^ -8 |
Oro | Au | 2 x 10 ^ -8 |
Carbonio | C | 3500 x 10^-8 |
Vetro | // | tra 10^10 e 10^14 |
si ritorna al discorso di conduttori ed isolanti.
Ogni conduttore ha quindi intrensecamente una valore di resistenza. In altre parole oppone resistenza al passaggio di corrente.
Esistono opportune componenti elettriche denominate resistori, il cui compito è fornire un dato valore di resistenza al passaggio di corrente all’interno di un circuito. Dove va a finire l’energia potenziale dei portatori di carica in ingresso al resistore? in calore (effetto Joule)
Il resistore all’interno è costituito da una miscela di carbonio (conduttivo) e di ceramica (non conduttiva). A seconda di come è formata questa miscela il componente può fornire un valore di resistenza più o meno alto.
La mina di una matita è generalemente una miscela di polveri di grafite e di argilla che richiede una trattamento di cottura. Una maggiore quantità di argilla rende la mina più dura ma produce un segno più chiaro.
In altre parole, se il resistore è usato collegato ad altre componenti per formare un circuito chiuso, esso regolerà il quantitativo di cariche che fluiscono all’interno del circuito: maggiore la resistenza del resistore, minore il quantitativo di cariche che scorrono nel circuito (minore l’intensità di corrente), minore il valore di resistenza, maggiore invece il numero di cariche (maggiore intensità avrà la corrente elettrica).
vediamo il componente da vicino (falli girare in classe) reofori assiale
del codice colore parleremo più avanti (vedi il resistore pt.2)
Schematicamente il simbolo è questo
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